All’urne, siam cristiani!

A dispetto di quanti vogliano surrettiziamente lasciare intendere che le gerarchie ecclesiastiche di ogni ordine e grado debbano quasi per obbligo contrattuale esercitare della pressione sui fedeli al fine di influenzarne la scelta in sede di cabina elettorale, il piano di realtà ci dice che al momento di impugnare la matita per crociare il simbolo corrispondente all’intenzione di voto ognuno di noi si trovi inesorabilmente da solo con sé stesso e con la coscienza alla quale risponde. In quale direzione i cristiani dovrebbero orientare la propria predilezione? Per quale colore sarebbe legittimo che parteggino? I precetti del Vangelo sono compatibili con la proposta politica odierna? Ma, soprattutto, è oggi presente in Italia un fronte forte e compatto che in sede istituzionale possa realmente rappresentare e dare voce alla popolazione cattolica?

Personalmente sono convinto del fatto che chi si professi seguace di Cristo non possa anteporre nulla alla cosiddetta “tematica etica”. L’adesione al Cristianesimo, che la veicola, esige una partecipazione totale, completa, integrale, accostarvisi in misura anche solo minimamente parziale equivale a disconoscerne la perfezione. Nonostante questo, io stesso conosco tanti fratelli nella Fede che, forse convinti di essere nel giusto, senza stare a porsi troppi problemi giungono a considerare lecito scindere l’organizzazione della vita pubblica in tutte le sue manifestazioni dalla morale cattolica. “Lo Stato è laico! La religione non deve immischiarsi in questioni che lo riguardano!”. Quante volte abbiamo sentito rivolgerci questa obiezione, quasi fosse un mantra, un totem concettuale al quale ogni forma di aggregazione comunitaria che si rispetti sembra debba avere l’obbligo di attenersi. Bene, mi permetto sommessamente di avanzare delle remore in merito a questo tipo di atteggiamento, che ritengo profondamente sbagliato. Senza voler entrare nell’interminabile dibattito che il solo accennare al concetto di laicità inevitabilmente aprirebbe, mi limito qui a considerare l’insostenibilità della tesi secondo la quale un ordinamento giuridico di natura laica dovrebbe per via di questa connotazione evitare di prestare attenzione ad una componente pur maggioritaria presente al suo interno, solo perché espressione di una determinata confessione. Inoltre, come già ho avuto modo di esporre su questi schermi, sono fortemente convinto del fatto che essere cattolici significhi, oltre ad una infinita serie di altre cose, anche riconoscere il primato della Dottrina Sociale su ogni raggruppamento umano che voglia darsi delle regole comuni, quindi, di conseguenza, altresì collocare al centro di ogni istituzione terrena la filosofia e lo stile di vita derivanti dagli insegnamenti della Chiesa.

Come sappiamo, tra poche settimane le amministrazioni di alcuni dei maggiori Comuni italiani conosceranno il destino che le attende per il prossimo futuro, i cittadini saranno infatti chiamati ad esprimere la preferenza per le rispettive giunte in città quali Roma, Napoli, Milano, Torino, Bologna ed altre ancora. Questa tornata elettorale preparerà il terreno per le prossime politiche, che gli analisti e gli osservatori più navigati danno come imminenti. E sarebbe anche ora, se mi si consente una considerazione sarcastica, tornare a votare per l’esecutivo che prenderà in mano le sorti del nostro Paese non sarebbe affatto male. Al di là di ciò, possiamo essere certi del fatto che ovviamente tutti i fari saranno puntati sulla Capitale. Inutile nasconderlo, senza nulla togliere agli altri palcoscenici la parte del leone sarà giocata dall’Urbe Maxima, e non potrebbe che essere così, è sempre lei a far parlare di sé, qualunque cosa succeda, da un paio di millenni a questa parte. Le aspettative che la attendono sono spropositate, per di più ulteriormente accresciute dalle cronache non propriamente rosee che l’hanno interessata negli ultimi mesi. Un Municipio – vasto e popolato quanto una grande città italiana – sciolto in seguito alle note vicende di “Mafia Capitale”, un debito che ha raggiunto cifre a dir poco astronomiche, un livello di disservizi da fare invidia ad una favela del terzo mondo ed una rete di corruttele che in confronto la Chicago degli anni ‘30 potrebbe apparire come la Gerusalemme Celeste. In questo composito scenario i contendenti per la poltrona più illustre del Campidoglio, dal Ridge de noantri all’”unico candidato di destra” (parole sue), dal radicale del PD alla bellona dei cinque stelle, dalla ex missina (od ex aennina, fate voi) ad uno dei fuoriusciti del partito di maggioranza, quasi tutti i dodici concorrenti – o tredici? Attendiamo l’esito del ricorso presentato dall’ultimo pretendente citato, le cui liste sono state giudicate inammissibili – sembrano avere voluto impostare la propria rivendicazione allo scranno più prestigioso dell’aula Giulio Cesare focalizzandosi su aspetti che potremmo catalogare come afferenti esclusivamente alla governabilità tecnica, dura e pura della Città Eterna, diciamo così. E cosa c’è di strano?

L’apparentemente incolmabile vuoto valoriale che sta attanagliando come una morsa la nostra amata penisola, un tempo autentica culla della civiltà, il disprezzo della vita e del senso del sacro che il nostro establishment impunemente continua a perpetrare, un forte senso di responsabilità e la lancinante afflizione da cui vengo colto ogni qualvolta mi soffermi a ponderare il degrado del quale sono preda Roma e l’Italia, mi hanno spinto a “scendere in campo”, come diceva qualcuno, e nel particolare ad offrire il mio impegno e la mia disponibilità alla causa del Popolo della Famiglia. Per chi non lo conoscesse, si tratta di un movimento politico nato per dare seguito e continuità alle esperienze di piazza dei Family day del 20 giungo 2015 e del 30 gennaio 2016. Questa esigenza, veicolata dalla guida di Mario Adinolfi (anch’esso in corsa per Palazzo Senatorio), Gianfranco Amato e Nicola Di Matteo, si è manifestata per conferire una rappresentanza concreta a tutte quelle famiglie che sono state tradite da una classe dirigente degenere e corrotta, la quale non ha esitato a calpestare gli aspetti più sani della “Communitas”, quelli che noi riteniamo intoccabili, non negoziabili, per proteggere i propri interessi personalistici e giochi di potere. Come me tantissimi uomini, donne, ragazzi e ragazze hanno raccolto l’invito a partecipare alla medesima avventura, hanno risposto “presente” a questa importante chiamata alle armi, anche tenendo conto dell’esortazione a divenire protagonisti in prima persona dei processi che riguardano la collettività rivolta ai credenti da diversi pontefici. Intervento e presenza da parte nostra che si stanno rivelando un lavoro faticosissimo da svolgere, davvero probante. Andare per le strade e parlare con i passanti, cercare di rubare un paio di minuti ai negozianti che si incrociano per esporre loro il nostro programma, organizzare eventi nei quali esercitare della sana propaganda elettorale, sono tutte attività che io ed i miei compagni di viaggio cerchiamo di ritagliare negli scampoli di tempo che la nostra vita quotidiana ci concede. Assai pochi a dire la verità. Eppure siamo qui, abbiamo tutti deciso di metterci in gioco, come ho avuto modo di dire poche sere fa proprio in uno degli incontri pocanzi richiamati, nessuno di noi è un politico di professione, un esperto di comunicazione od un collaudato faccendiere alla ricerca dell’ennesima poltrona da occupare. No, tutti noi abbiamo deciso di sporcarci le mani e mettere la nostra faccia in questo pasticciaccio mossi unicamente dalla passione per il bene comune e dall’amore per la verità, perché vogliamo lottare fino all’ultima goccia di sangue che ci scorre nelle vene per difendere ciò in cui crediamo. Giachetti, la Raggi e la Meloni, Fassina, Iorio, Marchini e tutti gli altri danno l’impressione di non avere particolarmente a cuore l’idea di muovere qualche passo in direzione di quella che noi consideriamo essere la vera grande urgenza che sta caratterizzando la nostra generazione, con la quale tutti siamo chiamati a confrontarci, e cioè la tutela della famiglia. Per questo, il loro pur legittimo parlare di viabilità, trasporti pubblici, sicurezza e quant’altro, dal mio punto di vista è mero esercizio retorico fine a sé stesso.

Certo, va da sé, presentarsi sulla scena nazionale come un nuovo soggetto politico avente velleità tutt’altro che ridotte, così come stiamo facendo, significa automaticamente sviluppare una visione a lungo termine in merito a temi importanti, universali ed oggi imprescindibili, l’economia, la geopolitica, l’approvvigionamento energetico, le relazioni internazionali e chi più ne ha più ne metta. Ma noi sappiamo che nessuno di questi aspetti potrà conoscere un’articolazione armoniosa se il Consorzio Civile nel quale andranno ad innestarsi non avrà come principale prerogativa la cura della vita e dell’uomo, e, di conseguenza, un’attenzione specifica nei confronti dell’istituto familiare, cellula fondante di ogni società umana.

Per questo, credo che un cristiano con le idee chiare il 5 Giugno non potrà che votare per il Popolo della Famiglia.

GRV

2 pensieri riguardo “All’urne, siam cristiani!”

  1. Buongiorno,
    ho letto con piacere questo suo articolo. La mancanza di Uomini di Fede tra le fila di chi decide conto terzi, sta diventando un pesantissimo fardello. Sono dell’opinione che i nefasti effetti, di un agire con illegittima Procura Popolare, saranno presto catastrofici. Sono certo, inoltre, che la mancanza di una base Cattolica impegnata, abbia lasciato un vuoto incalcolabile nella Politica Italiana, contribuendo, suo malgrado, all’affermazione del lassismo morale ben rappresentato dalla nuova “democratica” sinistra. Sono ateo ma ho avuto la fortuna di essere stato educato in una famiglia cattolica. Fede, Morale ed Etica misurano, nella loro assenza o presenza, il valore della Civiltà di un Popolo e la radici della Nostra Civiltà Italiana, sono profonde e radicate comunque nella Fede e Fede Sociale. Agli Uomini di “Buona Volontà”, credo, sia richiesto un forte impegno, esattamente come lei dichiara.

    A presto
    Roberto detto Patrizio Romano.

    1. Caro amico, la ringrazio delle belle parole!
      Credo non vi sia neanche bisogno di esplicitare quanto sia d’accordo con lei..
      Un caro saluto,
      Giovanni Rita.

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