Il 30 Gennaio del 2015, durante una puntata della trasmissione “di Martedì”, andò in scena una conversazione tra due personalità politiche di assoluto rilievo che, tanto mi colpì, nonostante siano passati più di due anni ricordo ancora piuttosto nitidamente. Il talk show di La7 era allora condotto da Giovanni Floris, il quale nella serata in questione ebbe come ospiti, tra i tanti altri, Marine Le Pen [1]. La numero uno del “Rassemblement National” – all’epoca dei fatti “Front National” – fu piazzata a dibattere per una buona ventina di minuti con niente popo di meno che Massimo D’Alema, già, in ordine sparso, Presidente del Consiglio, Vicepresidente del Consiglio, Deputato della Repubblica, Eurodeputato, Vicepresidente dell’Internazionale Socialista, Segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana, Presidente del COPASIR, Ministro dell’Interno, Presidente e Segretario del fu Democratici di Sinistra, Segretario dell’altrettanto fu Partito Democratico della Sinistra. Profondo animatore, in sostanza, dell’ala più pesante del nostro panorama politico, un dinosauro della sinistra italiana. PCI, PDS, DS, PD ed oggi Art.1–MDP. Qualcuno che esiste da sempre, un punto di riferimento. Tant’è, i due furono disposti l’uno al cospetto dell’altra per disquisire di immigrazione e relative politiche europee, e credo che chiunque sarebbe in grado di indovinare quali siano state le rispettive posizioni in merito, considerando quanto il tema oggetto del dibattito sia uno di quelli che maggiormente rilevi la distanza tra, mettiamola in questi termini, sovranisti e globalisti.
Il buon D’Alema, come da copione, diede fondo completo all’odioso campionario di casa, sciorinando discettazioni a dir poco stantie, trite e ritrite, decantando le doti di un’Europa finalmente senza frontiere ed altre simili amenità. Quando poi la conversazione arrivò a diramarsi andando a toccare questioni connesse a doppio filo con il contenuto principale, quali l’occupazione, il mercato del lavoro e, soprattutto, la crescita demografica dei singoli paesi, il nostro arrivò a proferire una serie di asserzioni sulle quali ritengo doveroso soffermarmi. Voglio riportarle integralmente. «[..] Penso che nel medio periodo, un continente che sta invecchiando come l’Europa, se vuole mantenere un equilibrio demografico, ha bisogno di un certo numero di giovani, che continueranno a venire..». Fin qui, tutto sommato, nulla di nuovo, si tratta di uno dei piatti forti del dogma immigrazionista, che l’intellighenzia made in Italy continua a propinarci con puntuale regolarità, una dose la mattina, una al pomeriggio e l’ultima prima di andare a dormire. La Le Pen senza tanta fatica articolerà una risposta sufficientemente sensata, adducendo un ragionamento che qualsiasi persona dotata di buon senso avrebbe avanzato: «[..] Se volete che ci siano bambini allora bisogna applicare politiche per aumentare la natalità, e non andare a cercare lavoro a basso costo con i lavoratori stranieri..». E qui, tornata la parola all’ex delfino di Berlinguer, questi si produrrà in un autentico capolavoro dialettico, pronunciando con un sorrisino beffardo e tutta la spocchia che lo contraddistingue le seguenti parole: «Sì, sì, quando c’era la buon’anima faceva la politica della natalità.. Diciamo.. Mussolini..». Bingo. Non abbiamo bisogno di nessun’altro pronunciamento, questa è una sorta di confessione. O, ribaltando il punto di vista, una sentenza inappellabile. Asserire che vi sia un disperato bisogno di invertire il desolante tasso demografico che attanaglia pericolosamente la nostra Nazione sarebbe, per qualcuno, un richiamo al Duce, dell’apologia di Fascismo. Così, ingenuamente, direi quasi candidamente, D’Alema con una semplicità disarmante mise nero su bianco i desiderata liberal–progressisti in merito al futuro dell’Italia.
Se tanto mi dà tanto, dunque, non possiamo che constatare come, ignorando quale ne sia la motivazione, il buon Massimo ed i suoi numerosissimi figli putativi auspichino una definitiva sparizione degli italiani e dell’italianità dalla faccia delle terra. O, quanto meno, una forte smussata del nostro carattere etnico e culturale, uno dei più floridi di tutta la storia dell’umanità. Stando infatti ai dati poco confutabili elargitici dall’ISTAT relativi alle stime per l’anno 2017 [2], l’indice di natalità che attraversa la penisola rimane fermo ad 1,35 figli per donna, e l’età media del primo parto – che troppo spesso, purtroppo, rimane l’unico – è di 31,8 primavere. Sono dei numeri allarmanti, ed i risultati delle statistiche non fanno che confermarlo: il 2016 ha visto le nascite fermarsi sotto la soglia delle 480.000 unità, numero che si è attestato al di sotto del record negativo avutosi nel 1861, mai più eguagliato fino ad oggi negli ultimi 156 anni. Una diminuzione che tra l’altro continua progressivamente a protrarsi, anno dopo anno. Per un rappresentante delle istituzioni, non preoccuparsene e fare finta che questo problema non esista significa addossarsi una responsabilità pesantissima. Prenderne atto, rilasciare in merito qualche tiepida dichiarazione di facciata per accontentare il popolino ma non inserire nella propria agenda una concreta pro–natalist policy equivale invece a macchiarsi di un colpa addirittura maggiore.
Impossibile poi non cogliere la connessone tra un simile stato di cose e le stridule grida isteriche che da qualche settimana a questa parte hanno (ri)preso a levarsi nei confronti della xenofobia che starebbe capillarmente diffondendosi in ogni angolo della penisola. “Gli italiani sono razzisti”, questo è l’ossessivo mantra che viene interrottamente ripetuto dagli esponenti del fondamentalismo progressista, facciano essi parte della stampa o delle burocrazie di partito. In soldoni, preoccuparsi per la propria sopravvivenza equivarrebbe ad esercitare dell’odio razziale, giacché con questa onta viene tacciato chiunque asserisca di non trovare particolarmente indovinata l’idea di colmare il vuoto delle nostre culle con un rimpolpamento di natura allogena. Strano a dirsi però, quanti mostrano di non temere preoccupazione alcuna per via dell’inverno demografico in essere sono gli stessi che esaltano come un’irrinunciabile arricchimento antropologico l’aumento della popolazione non autoctona. Qualcosa non torna.
Ulteriore ed emblematica riprova del marcio insito in un tale atteggiamento è stato il tourbillon scatenato dal cortometraggio pubblicitario della Chicco, oramai divenuto celeberrimo, inneggiante il cosiddetto “Baby boom” [3]. Al netto del pur legittimo riscontro commerciale cercato dall’azienda in questione, che male c’è ad invitare gli italiani a ricominciare a figliare? E chi potrebbe dimenticare le invettive scagliate contro l’allora Ministro della Salute Beatrice Lorenzin in seguito alla più che lodevole iniziativa del “Fertility Day” [4]? Anche in quell’occasione gli stonati cantori della dissoluzione diedero fiato alle loro vomitevoli argomentazioni, facendo per l’ennesima volta sfoggio di una smisurata grettezza. Sembra infatti vi sia da queste parti una fazione piuttosto agguerrita la quale abbia come principale obbiettivo quello di desensibilizzare la pubblica opinione in merito ad una questione tanto delicata, fino a portarla alla più totale indifferenza. Perché, con cadenza così martellante, gli esponenti più in vista della corrente culturalmente dominante sembrano augurarsi che in Italia si facciano sempre meno figli?
Un politico che sia davvero lungimirante, uno statista, qualcuno con a cuore la buona salute del proprio popolo dovrebbe farsi carico di questa difficoltà prima di qualsiasi altra, facendo il possibile ed anche l’impossibile per mettere la cittadinanza nelle condizioni di assicurare la naturale prosecuzione della comunità d’appartenenza.
Al momento attuale, in Italia, c’è solo una personalità facente parte dell’Esecutivo in carica che abbia identificato il problema promettendo di mettervi mano, conscio di quanto l’unica strada percorribile per rimettere in piedi questo fin troppo bistrattato paese sia appunto quello di tornare a generare prole, ed è Matteo Salvini, che pochi giorni fa ha dichiarato al “The Sunday Times” [5] «Un paese che non fa figli è destinato a morire».
Un uomo che qualche cattocomunista da strapazzo, terrorizzato dalla prospettiva di vedere intaccati le rendite ed i privilegi accumulati, ha pensato bene di accomunare a Satana.
Invoco sul Ministro degli Interni la protezione e l’aiuto della nostra amatissima Santa Rita da Cascia, Patrona della famiglia, Santa delle situazioni impossibili, Avvocato dei casi disperati.
Prego con Speranza che lo accompagni in questa missione, considerato che, per rovesciare la diabolica inclinazione di cui siamo preda, si rende necessaria la manifestazione di un vero e proprio miracolo.
GRV
[2] https://www.istat.it/it/files/2018/02/Indicatoridemografici2017.pdf
[3] https://www.notizieprovita.it/economia-e-vita/baby-boom-per-alcuni-la-chicco-e-omofoba-e-fascista/
[4] https://www.istat.it/it/files/2018/02/Indicatoridemografici2017.pdf