Quer pasticciaccio brutto del servizio di Giovanni Scifoni per “Le Iene”

Il babilonico mare magnum al cui interno sono raggruppati in diverse macroaree i personaggi che per un verso o per l’altro hanno guadagnato una certa misura di notorietà custodisce, tra gli altri ben più esposti, anche un segmento particolarmente circoscritto, quasi sconosciuto al grande pubblico ed incastrato al buio d’un anfratto seminascosto. Questo singolare raggruppamento raccoglie tra le sue fila quei personaggi che io troverei azzeccato definire “cattolici pubblici”, o “cattolici impegnati”. Principalmente artisti, vale a dire cantanti, attori ed intrattenitori di vario genere, ma anche giornalisti, docenti universitari, professionisti delle più disparate inclinazioni i quali con la sola loro presenza riescono di tanto in tanto a spezzare l’incontrastato dominio di un dibattito culturale profondamente anticristico, in ogni sua manifestazione. Ce n’è per tutti i gusti: intransigenti, aperturisti, progressisti, conservatori, liberali, tradizionalisti e giù a continuare, qualsiasi sfumatura di credente ha la possibilità di fruire del proprio “influencer cattolico” di riferimento. Esistono addirittura delle correnti all’interno delle correnti, come se il Signore stesso non avesse a più riprese fatto notare a noi poveracci quanto la divisione sia l’esercizio che meglio si acchiappa con la figura di Satana – “Diabŏlus”, derivazione latina del termine greco traslitterato in “Diábolos”, “Colui che divide” -, ma questa è un’altra storia.

Tra tutti una posizione di assoluto rilievo è senza dubbio ricoperta dal buon Giovanni Scifoni, affermato ed istrionico caratterista, apprezzato protagonista di interpretazioni cinematografiche, televisive e teatrali, un infaticabile mattatore. Personalmente ebbi modo di ammirarne dal vivo le doti qualche anno fa, mentre in un teatro di periferia si cimentava nel bellissimo “Le ultime sette parole di Cristo”, spettacolo di cui, se non erro, credo vanti la paternità della scrittura. Ne rimasi estasiato, lo trovai sublime. Da allora mi capitò d’incrociarlo a più riprese su Tv2000, sulla Rai e, insomma, m’abituai a considerarlo un personaggio conosciuto, diciamo così.

Questa mia entusiastica predisposizione nei suoi confronti è stata però irrimediabilmente compromessa dal sevizio tramite cui lo Scifoni ha siglato il proprio debutto con “Le Iene”, andato in onda lo scorso 21 Ottobre [1]. A dire il vero, primo motivo di forte sbigottimento è stato per me l’avere appreso quanto il nostro abbia voluto imbarcarsi nella collaborazione con uno show televisivo di tendenze che definire favorevoli alla grande Rivoluzione dissolutoria sarebbe un eufemismo. In merito a questo, però, già odo le facili rimostranze di quanti non condividano tale punto di vista. Il fatto che un individuo a noi affine eserciti in ambienti tanto ostili deve per forza di cose venire considerata un’occorrenza vantaggiosa. Di riffa o di raffa, foss’anche una volta ogni morto di Papa, dovremmo plaudire con favore chiunque riuscisse a portare il messaggio del bene tra i gentili. O no? Staremo a vedere.

Veniamo ora all’oggetto incriminato. Già dal titolo affibbiatogli ben si comprende quale sentiero la produzione abbia deciso di battere. “I leghisti sono dei veri cattolici?”. Dubbio più che amletico, quesito la cui risoluzione si impone con impellente necessità, non c’è che dire. Tant’è, partono le immagini e vediamo Scifoni andarsene a zonzo con il tipico completo da “Reservoir dog” a rimbrottare scherzosamente diversi esponenti della Lega, coadiuvato da un fare canzonatorio dal quale si lascia magistralmente accompagnare. Antonietta Giacometti, Massimiliano Panizzut, Rossano Sasso, Andrea Crippa, Barbara Saltamartini, Luca Toccalini, Riccardo Marchetti, Giuseppe Bellachioma, Cristian Invernizzi, Francesco Zicchieri ed i “pesi massimi” Claudio Borghi, Lorenzo Fontana e Matteo Salvini, tutti passati sotto la scure della Iena novella. L’oggetto delle interpellazioni è rappresentato da una serie di argomentazioni davvero banali nella loro costruzione, ben emblematizzate del sottotitolo del contributo: “La lega che si definisce un partito paladino dei valori cattolici, non ha accolto i migranti salvati nel Mediterraneo”. Devo ammettere di essere stato profondamente turbato dall’utilizzo quasi burlesco che Scifoni ha deciso di fare di alcuni passaggi della Scrittura per fini di carattere meramente cabarettistico. Una lettura surreale del Nuovo Testamento, piegato in questa versione alle contorte logiche del Dogma immigrazionista. Beceraggini, quisquilie e luoghi comuni che davvero non avrei mai immaginato di ascoltare da qualcuno che, pure nella misura a lui confacente, si è a più riprese attestato come prezioso e sincero testimone del messaggio di Cristo.

Alcune delle finezze elargiteci non avrebbero nulla da invidiare alle dabbenaggini abitualmente proferite dal frequentatore medio di uno degli innumerevoli Centri Sociali dislocati sul nostro suolo nazionale. «Gesù era un migrante» – questa me la sarei aspettata dalla Bonino -, «Ma cosa c’è di cattolico in quello che fanno i leghisti coi migranti, per poi arrivare a citare senza alcuna contestualizzazione i Vangeli, l’Apocalisse e le Lettere Paoline: «Lo sa che dice Gesù, a quelli che non accolgono lo straniero? “Fuori da qui, nel fuoco eterno!”. L’inferno!», (Mt 25, 41). «San Paolo dice: “Non c’è né grecogiudeo!”.  Come dire, non c’è né italiano, né eritreo, (Gal 3, 28). «“Ogni volta che non accogliete questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me”», (Mt 25, 45). «“Ero straniero e non mi avete accolto” » (Mt 25, 43). «Una Gerusalemme celeste in cui non ci sono porte e tutti possono entrare, di qualunque nazione» (dedotto, immagino, da Ap 21).

In soldoni, tanto il Signore nei suoi insegnamenti quanto San Paolo e chiunque abbia scritto l’Apocalisse altro non avevano in mente che la ricollocazione nei propri territori d’appartenenza di migranti, profughi e rifugiati politici. Non credo vi sia bisogno di aggiungere chissà quale annotazione.

La Lega, certo per ragioni di calcolo elettorale, ha compiuto una scelta politica ben precisa, cioè rappresentare e fare proprie le istanze riconducibili all’alveo della visione cattolica, soprattutto quelle legate alla dimensione familiare. Possiamo stare a discutere per ore, giorni e settimane circa la legittimità di una tale atteggiamento, dare addosso a Salvini e soci per l’ipocrisia che i detrattori sono convinti eserciterebbero fingendo di mostrarsi affini ad idee e stili di vita che invece nelle proprie faccende private non farebbero altro che calpestare. Ancora, a cinque mesi dall’entrata in carica del Governo Conte è giusto asserire che ci si sarebbe aspettati di più in quanto ad aiuti alle famiglie. Troppo poco, si deve osare maggiormente, sia in termini culturali che eminentemente finanziari. Ma, mi domando, perché c’è questa grande corsa dei media di ispirazione cristiana a dare addosso al Carroccio? Da dove nasce il livore che sacerdotivescovi e laici di una certa importanza nutrono nei confronti della Lega, e più segnatamente di Matteo Salvini? Gli si imputa di avere voluto mostrare Vangelo e Rosario al termine della campagna elettorale poiché, ci ammoniscono i grandi soloni di Famiglia Cristiana, di Avvenire e della Comunità di SantEgidio, la dialettica di Salvini esplicita quanto egli non sia un vero cattolico, non creda, quindi si tratta di un impostore. Sarà, ma a bene vedere,  gli assetti politici post 4 Marzo e l’Esecutivo gialloverde che ne è scaturito hanno avuto quantomeno un merito inconfutabile, addebitabile esclusivamente alla componente leghista: la costituzione di un argine, seppure temporaneo, contro la bestiale deriva antropologica che attraverso le ultime Legislature di centrosinistra è dilagata in Italia con modalità e ritmi preoccupanti. Questo non interessa ai mammasantissima della CEI? Ed a Scifoni? Tale occorrenza non lo coinvolge? E gli altri cattolici impegnati? Cosa ne pensano?

Esiste una nuova Chiesa cattolica, oggi. Una Chiesa cattolica che ha abbandonato, a partire dai suoi vertici, i fondamentali della propria essenza filosofico-dottrinale. Una Chiesa cattolica che si è dimenticata del soprannaturale per avvicinarsi al terreno, una Chiesa cattolica che ha deciso di compiacere il mondo, contravvenendo agli insegnamenti dell’Apostolo Paolo«Non conformatevi a questo mondo» (Rm 12, 2) -, finendo per diventare la caricatura di sé stessa, una scimmia che imita, deformandolo, il volto della Sposa di Cristo. La Chiesa cattolica del XXI secolo si esprime con il linguaggio di un qualsiasi ordinamento giuridico liberaldemocratico, condivide gli assunti della cultura egemone, antepone l’amore alla Verità, si fa portatrice di tematiche infime, che non hanno nulla a che fare con il Divino.

Di rimando, quanti per necessità professionale si vedano impegnati nella collateralità con questo nuovo corso, non potranno che veicolarne la distorsione.

Per concludere, avrei piacere di riportare un breve passaggio tratto da “Il Liberalismo è peccato” (“El liberalismo es pecado”), vergato nel 1884 dal grande apologeta e polemista spagnolo Padre Félix Sardá y Salvany. Il saggio in questione rappresenta un autentico capolavoro della letteratura controrivoluzionaria, filone che oggi sarebbe di grande utilità riscoprire. Credo caschi a fagiolo, come si usa dire, nel tentativo di comprendere la pertinenza tanto della scelta di Scifoni quanto della tendenza che da troppo tempo a questa parte anima la Sede di Pietro.

«[..] L’uomo, massime se di qualche vaglia pel suo talento o per la sua condizione civile, fa molto a favore di qualsiasi idea con solo mostrarsi in relazioni, più o meno benevole, coi fautori di quella. Dà più col tributo della sua rinomanza personale, che se desse denaro, armi, o checché altro materiale d’aiuto. Così, per esempio, un cattolico, massimamente se sacerdote, il quale onori colla sua collaborazione un periodico liberale, chiaramente gli somministra favore col lustro della sua firma, pure se non tolga a difendere la parte mala del periodico, ed anzi ne discordi. Dirassi per avventura che collo scrivervi si ottiene di far udire la voce dabbene a molti che in altro periodico non ascolterebbero altrimenti. Egli è vero: però la firma del dabbenuomo ottiene che facciano buon viso a tal periodico i lettori incapaci di distinguere le dottrine di un redattore da quelle del suo socio; e per siffatta guisa, quello che si pretendeva fosse contrappeso o compensazione del male, torna alla moltitudine in effettiva raccomandazione di esso. Le mille volte lo abbiamo sentito: È cattivo quel periodico? – Ma che! Non è possibile, giacché vi scrive Don tale. Così ragiona il volgo, e volgo siamo quasi la più parte del genere umano. Per disgrazia è frequentissima addì nostri siffatta complicità.».

GRV

 

[1] https://www.iene.mediaset.it/video/scifoni-leghisti-sono-veri-cattolici_205129.shtml

2 pensieri riguardo “Quer pasticciaccio brutto del servizio di Giovanni Scifoni per “Le Iene””

  1. Caro Giovanni, condivido con te molte cose: la grande ammirazione per la bravura di Scifoni, e in particolare per quello spettacolo meraviglioso e sconvolgente che e’ le Ultime 7 parole, e anche la delusione per il servizio iene dove credo sia stato pesantemente strumentalizzato. Un consiglio: vatti a vedere il suo ultimo spettacolo ” Santo Piacere” perche’ e’ un altro capolavoro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *