“Mejo l’americani sopra la capoccia che li tedeschi in mezzo a li cojoni”. Più o meno così suonava il colorito ritornello che tra le strade della capitale i romani erano soliti ripetersi in quelle afose giornate che nell’estate del 1944 videro le truppe del Generale Clark entrare in città per liberarla, mentre il Federmaresciallo Kesselring ed i suoi ripiegavano verso nord, consegnando di fatto Roma nelle mani degli alleati i quali poi davano avvio alle operazioni di affrancamento dal nazifascismo in tutta Italia. Neanche uno dei nostri nonni avrebbe però allora potuto immaginare che come conguaglio per i servigi resi, “l’americani” si sarebbero accontentati di stazionare stabilmente su una porzione di suolo italico affatto irrilevante, accompagnati dai propri apparati bellici e mascherando tale permanenza dietro la necessità di difesa contro il mefistofelico “nemico comune”. Nemico comune che, nonostante il suo dissolvimento ed a Guerra Fredda terminata, sembra inspiegabilmente costituire ancora una minaccia per i membri della NATO, continuando quindi con ineccepibile logica a legittimare la funzione di portaerei a stelle e strisce nel bel mezzo del Mediterraneo assolta dalla penisola. Ma questa è un’altra storia. Tornando a quanto invece si diceva all’inizio, la peculiare tendenza alla canzonatura appartenente all’attitudine romanesca portò i figli della lupa, desiderosi di conoscere il proprio futuro, a coniare questo motto irriverente, manifestando così della soddisfazione per l’avanzata degli yankees e riuscendo contemporaneamente a rendere un poco meno drammatici dei momenti che devono essere stati davvero nevralgici. Vivere in una città assediata, sotto occupazione straniera, subire in casa propria l’avvicendamento da un condente in armi ad un altro non dev’essere il massimo della vita.
Al di là di ciò, fu molto probabilmente in quei giorni – in quei mesi, tornando indietro fino al settembre precedente -, che i destini della di lì a pochi anni Repubblica italiana vennero indirizzati verso un’inclinazione che ci ha portati oggi ad essere, secondo una definizione divenuta celeberrima, un “Paese a sovranità limitata”, legando attraverso un vincolo talvolta rivelatosi soffocante le nostre sorti a quelle dell’aggregazione atlantica. Nulla di strano stando ai manuali di storia, dal tramonto dell’Urbe in avanti le ingerenze delle grandi compagini nei confronti delle nostre dinamiche interne sono state un elemento costante, quasi una consuetudine. Dai regni latino-germanici all’Impero carolingio/S.R.I., passando per le parentesi islamica e normanna ed arrivando alle altre grandi potenze europee, da che se ne abbia memoria la “formosissima donna” è terra di conquista. Nei momenti fondamentali che hanno accompagnato i secoli dell’età moderna l’ago della bilancia su cui vennero posti gli equilibri europei è stato sovente individuato proprio nello Stivale, sul cui territorio le potenze egemoni hanno sviluppato i propri interessi geostrategici per diverso tempo. Perché dunque gridare allo scandalo oggi, inalberarsi, stracciarsi le vesti solo per essere venuti a sapere che il buon vecchio Zio Sam ha lungamente origliato tra le pareti di casa nostra negli ultimi anni? A dire la verità non ci vedo nulla di strano, non siamo delle mammolette, sappiamo bene che queste attività di spionaggio sono il pane quotidiano di cui si cibano le relazioni tra i diversi stati, al di là di quanto gli ufficiali protocolli diplomatici prevedano. Ognuno dei concorrenti in campo, com’è logico che sia, mira ad accaparrare per sé il benessere maggiore, anche e soprattutto a scapito degli altri. È il gioco delle parti. Per quanto riguarda noi c’è però a mio avviso qualcosa di differente, oggi, un aspetto del tutto nuovo. Gli interessi nazionali che dovremmo perseguire, considerando questa espressione nella sua accezione più vasta, sembrano non coincidere più con l’azione politica operata dalle nostra classe dirigente. Ciò stride con il passato, poiché non è sempre stato così. Durante la Prima Repubblica diversi sono stati i sussulti di vera e propria autodeterminazione che alcune delle nostre istituzioni hanno cercato di assestare. Dalla condotta in politica estera di alcuni Ministri o Segretari di Partito particolarmente ispirati alle trame tessute dai colossi industriali tricolore in tema di approvvigionamento energetico, grazie all’intraprendenza di imprenditori con gli attributi ed all’attività di dirigenti pubblici lungimiranti. E, certo, non possiamo negare di averne abbondantemente pagato le conseguenze. Non possono essere bollate ed archiviate come meramente cospirazionistiche quelle correnti di pensiero le quali vedono un disegno ben definito nella deflagrazione sociale ed anche economica che nei primi anni ’90 del secolo scorso ha sconquassato il nostro paese. Né può essere disconosciuta l’infiltrazione di agenzie facenti capo ai Servizi Segreti battenti bandiera non italiana nelle formazioni di lotta armata – di tutte le diverse fazioni – che hanno animato gli anni di piombo, lasciando cadaveri eccellenti in mezzo alla strada ed aprendo una lacerante ferita nel cuore del nostro tessuto civile.
Tutti questi accadimenti, questa breve ed inevitabilmente non esaustiva narrazione dei fatti che furono sono tematica ancora fresca, non stiamo parlando di qualcosa avvenuto nella fase iniziale del precambriano. Ma c’è stato un particolare passaggio, poco più avanti, uno spartiacque se possiamo definirlo così, dopo il quale si ha la netta impressione che il sistema Italia tutto sia stato definitivamente commissariato, “appaltato”, messo nelle mani di qualcuno, una non meglio identificata entità la quale abbia poi da parte sua iniziato ad agire con la funzione di gestirne gli ultimi aneliti, di sezionarne gli arti ancora rimasti in vita, di smembrarne quanto scampato alla dissoluzione per accompagnarlo verso un coma controllato. Mentre sono qui a scrivere queste poche righe quei bestioni dei droni statunitensi staranno scaldando i motori e compiendo le ultime manovre prima di prendere il volo dalla base di Sigonella con direzione Libia. Sigonella. La benedetta base di Sigonella.. Per un tiro mancino giocatoci dalla ventura, il medesimo luogo che vide l’ultimo scossone di potestà da parte della povera Italietta andrà ad identificare l’ennesimo episodio che sancisce la nostra strutturale subalternità al cospetto del potentato regnante. Verrebbe quasi da dire “Sigonella dà, Sigonella toglie”. Io non avevo neanche un anno quando il cordone dei Carabinieri immortalato dalla celebre fotografia accerchiò i militari statunitensi della Navy SEAL (che a loro volta avevano circondato altri Carabinieri ed avieri della MAV) per ristabilire le gerarchie e permettere al Governo italiano di esercitare legittimamente la propria giurisdizione, ponendo sotto il controllo delle nostre autorità quel famoso incidente diplomatico la cui gestione veniva riconosciuta a noi da tutti i codici vigenti. In questi giorni invece, dalla stessa base, vedrà la propria origine un’operazione militare che con tutta certezza non gioverà alcunché all’Italia, anzi. Ricordi, solo ricordi, immagine di una sovranità che fu. Oggi ci troviamo in una situazione nella quale non siamo neanche più in grado di scegliere autonomamente – come la prassi democratica prevedrebbe – quelli che dovranno essere gli esecutivi in carica. Gli ultimi tre che si sono avvicendati a Palazzo Chigi non sono nemmeno passati dal vaglio elettorale, ed anche se ciò non sarebbe di per sé anomalo giacché questa è pure una soluzione prevista dalla nostra Costituzione, a stridere è la palese evidenza di quanto siano stati gli organi operativi della grande tecnocrazia sovranazionale – BCE ed FMI su tutti – a conferire loro l’incarico tramite la figura del Presidente Napolitano, così come parimenti lampante è il regime-change all’europea in salsa franco tedesca che ha abbattuto il Berlusconi IV, ultimo Governo eletto dagli italiani.
In questo quadro tutt’altro che beneaugurante non resta che auspicare un ritorno del Bel Paese al rango che gli compete, una posizione che lo veda di nuovo primo protagonista e fautore dei gangli geopolitici che si intersecano in lungo ed in largo per tutto il Mediterraneo, cuore pulsante delle interazioni tra Europa meridionale, nord Africa e medio oriente.
Dopo avere princiapiato questo scritto con una citazione vernacolare, mi piacerebbe chiudere con un’altra, di ben differente natura. Voglio ora riportare alcuni versi della più grande opera letteraria mai vergata da essere umano, non a caso il più grande poeta di tutti Leggi tutto “La puttana del Mediterraneo. Sigonella dà, Sigonella toglie”