La puttana del Mediterraneo. Sigonella dà, Sigonella toglie

“Mejo l’americani sopra la capoccia che li tedeschi in mezzo a li cojoni”. Più o meno così suonava il colorito ritornello che tra le strade della capitale i romani erano soliti ripetersi in quelle afose giornate che nell’estate del 1944 videro le truppe del Generale Clark entrare in città per liberarla, mentre il Federmaresciallo Kesselring ed i suoi ripiegavano verso nord, consegnando di fatto Roma nelle mani degli alleati i quali poi davano avvio alle operazioni di affrancamento dal nazifascismo in tutta Italia. Neanche uno dei nostri nonni avrebbe però allora potuto immaginare che come conguaglio per i servigi resi, “l’americani” si sarebbero accontentati di stazionare stabilmente su una porzione di suolo italico affatto irrilevante, accompagnati dai propri apparati bellici e mascherando tale permanenza dietro la necessità di difesa contro il mefistofelico “nemico comune”. Nemico comune che, nonostante il suo dissolvimento ed a Guerra Fredda terminata, sembra inspiegabilmente costituire ancora una minaccia per i membri della NATO, continuando quindi con ineccepibile logica a legittimare la funzione di portaerei a stelle e strisce nel bel mezzo del Mediterraneo assolta dalla penisola. Ma questa è un’altra storia. Tornando a quanto invece si diceva all’inizio, la peculiare tendenza alla canzonatura appartenente all’attitudine romanesca portò i figli della lupa, desiderosi di conoscere il proprio futuro, a coniare questo motto irriverente, manifestando così della soddisfazione per l’avanzata degli yankees e riuscendo contemporaneamente a rendere un poco meno drammatici dei momenti che devono essere stati davvero nevralgici. Vivere in una città assediata, sotto occupazione straniera, subire in casa propria l’avvicendamento da un condente in armi ad un altro non dev’essere il massimo della vita.

Al di là di ciò, fu molto probabilmente in quei giorni – in quei mesi, tornando indietro fino al settembre precedente -, che i destini della di lì a pochi anni Repubblica italiana vennero indirizzati verso un’inclinazione che ci ha portati oggi ad essere, secondo una definizione divenuta celeberrima, un “Paese a sovranità limitata”, legando attraverso un vincolo talvolta rivelatosi soffocante le nostre sorti a quelle dell’aggregazione atlantica. Nulla di strano stando ai manuali di storia, dal tramonto dell’Urbe in avanti le ingerenze delle grandi compagini nei confronti delle nostre dinamiche interne sono state un elemento costante, quasi una consuetudine. Dai regni latino-germanici all’Impero carolingio/S.R.I., passando per le parentesi islamica e normanna ed arrivando alle altre grandi potenze europee, da che se ne abbia memoria la “formosissima donna” è terra di conquista. Nei momenti fondamentali che hanno accompagnato i secoli dell’età moderna l’ago della bilancia su cui vennero posti gli equilibri europei è stato sovente individuato proprio nello Stivale, sul cui territorio le potenze egemoni hanno sviluppato i propri interessi geostrategici per diverso tempo. Perché dunque gridare allo scandalo oggi, inalberarsi, stracciarsi le vesti solo per essere venuti a sapere che il buon vecchio Zio Sam ha lungamente origliato tra le pareti di casa nostra negli ultimi anni? A dire la verità non ci vedo nulla di strano, non siamo delle mammolette, sappiamo bene che queste attività di spionaggio sono il pane quotidiano di cui si cibano le relazioni tra i diversi stati, al di là di quanto gli ufficiali protocolli diplomatici prevedano. Ognuno dei concorrenti in campo, com’è logico che sia, mira ad accaparrare per sé il benessere maggiore, anche e soprattutto a scapito degli altri. È il gioco delle parti. Per quanto riguarda noi c’è però a mio avviso qualcosa di differente, oggi, un aspetto del tutto nuovo. Gli interessi nazionali che dovremmo perseguire, considerando questa espressione nella sua accezione più vasta, sembrano non coincidere più con l’azione politica operata dalle nostra classe dirigente. Ciò stride con il passato, poiché non è sempre stato così. Durante la Prima Repubblica diversi sono stati i sussulti di vera e propria autodeterminazione che alcune delle nostre istituzioni hanno cercato di assestare. Dalla condotta in politica estera di alcuni Ministri o Segretari di Partito particolarmente ispirati alle trame tessute dai colossi industriali tricolore in tema di approvvigionamento energetico, grazie all’intraprendenza di imprenditori con gli attributi ed all’attività di dirigenti pubblici lungimiranti. E, certo, non possiamo negare di averne abbondantemente pagato le conseguenze. Non possono essere bollate ed archiviate come meramente cospirazionistiche quelle correnti di pensiero le quali vedono un disegno ben definito nella deflagrazione sociale ed anche economica che nei primi anni ’90 del secolo scorso ha sconquassato il nostro paese. Né può essere disconosciuta l’infiltrazione di agenzie facenti capo ai Servizi Segreti battenti bandiera non italiana nelle formazioni di lotta armata – di tutte le diverse fazioni – che hanno animato gli anni di piombo, lasciando cadaveri eccellenti in mezzo alla strada ed aprendo una lacerante ferita nel cuore del nostro tessuto civile.

Tutti questi accadimenti, questa breve ed inevitabilmente non esaustiva narrazione dei fatti che furono sono tematica ancora fresca, non stiamo parlando di qualcosa avvenuto nella fase iniziale del precambriano. Ma c’è stato un particolare passaggio, poco più avanti, uno spartiacque se possiamo definirlo così, dopo il quale si ha la netta impressione che il sistema Italia tutto sia stato definitivamente commissariato, “appaltato”, messo nelle mani di qualcuno, una non meglio identificata entità la quale abbia poi da parte sua iniziato ad agire con la funzione di gestirne gli ultimi aneliti, di sezionarne gli arti ancora rimasti in vita, di smembrarne quanto scampato alla dissoluzione per accompagnarlo verso un coma controllato. Mentre sono qui a scrivere queste poche righe quei bestioni dei droni statunitensi staranno scaldando i motori e compiendo le ultime manovre prima di prendere il volo dalla base di Sigonella con direzione Libia. Sigonella. La benedetta base di Sigonella.. Per un tiro mancino giocatoci dalla ventura, il medesimo luogo che vide l’ultimo scossone di potestà da parte della povera Italietta andrà ad identificare l’ennesimo episodio che sancisce la nostra strutturale subalternità al cospetto del potentato regnante. Verrebbe quasi da dire “Sigonella dà, Sigonella toglie”. Io non avevo neanche un anno quando il cordone dei Carabinieri immortalato dalla celebre fotografia accerchiò i militari statunitensi della Navy SEAL (che a loro volta avevano circondato altri Carabinieri ed avieri della MAV) per ristabilire le gerarchie e permettere al Governo italiano di esercitare legittimamente la propria giurisdizione, ponendo sotto il controllo delle nostre autorità quel famoso incidente diplomatico la cui gestione veniva riconosciuta a noi da tutti i codici vigenti. In questi giorni invece, dalla stessa base, vedrà la propria origine un’operazione militare che con tutta certezza non gioverà alcunché all’Italia, anzi. Ricordi, solo ricordi, immagine di una sovranità che fu. Oggi ci troviamo in una situazione nella quale non siamo neanche più in grado di scegliere autonomamente – come la prassi democratica prevedrebbe – quelli che dovranno essere gli esecutivi in carica. Gli ultimi tre che si sono avvicendati a Palazzo Chigi non sono nemmeno passati dal vaglio elettorale, ed anche se ciò non sarebbe di per sé anomalo giacché questa è pure una soluzione prevista dalla nostra Costituzione, a stridere è la palese evidenza di quanto siano stati gli organi operativi della grande tecnocrazia sovranazionaleBCE ed FMI su tutti – a conferire loro l’incarico tramite la figura del Presidente Napolitano, così come parimenti lampante è il regime-change all’europea in salsa franco tedesca che ha abbattuto il Berlusconi IV, ultimo Governo eletto dagli italiani.

In questo quadro tutt’altro che beneaugurante non resta che auspicare un ritorno del Bel Paese al rango che gli compete, una posizione che lo veda di nuovo primo protagonista e fautore dei gangli geopolitici che si intersecano in lungo ed in largo per tutto il Mediterraneo, cuore pulsante delle interazioni tra Europa meridionale, nord Africa e medio oriente.

Dopo avere princiapiato questo scritto con una citazione vernacolare, mi piacerebbe chiudere con un’altra, di ben differente natura. Voglio ora riportare alcuni versi della più grande opera letteraria mai vergata da essere umano, non a caso il più grande poeta di tutti Leggi tutto “La puttana del Mediterraneo. Sigonella dà, Sigonella toglie”

SNOM, social network opinion makers

Politicamente integerrimi, conformisti fino all’eccesso, arroganti e saccenti, mai una deviazione rispetto alla via tracciata dall’assunto dominante, assurti a furor di popolo al ruolo di eruditori delle masse. Ecco chi orienta le tendenze, in Italia, quelli che io amo definire i social network opinion makers. Che sia la pagina Facebook ufficiale, l’account Twitter od il profilo Instagram, i nostri eroi sono sempre pronti a battere sulle tastiere dei propri smartpohones per impartirci delle irrinunciabili lezioni di stile, quando non addirittura di vita. Così, tra hashtags triti e ritriti, citazioni affibbiate a fantomatici saggi di provenienza orientale – India e Cina sembrano andare per la maggiore – e selfies scattati nelle situazioni meno edificanti, ognuno dei nuovi Santoni del pensiero post moderno può esercitare indisturbato l’attività di catalizzatore dei consensi, senza che ciò desti la minima remora in chicchessia. Anzi, uno SNOM che si rispetti deve necessariamente vantare una nutrita platea di riferimento tra il popolo del web, guadagnata grazie all’eccelsa qualità delle dabbenaggini proferite e consolidata in seguito ad una militanza a dir poco agguerrita, foto pubblicata dopo foto pubblicata, link postato dopo link postato, aggiornamento di status dopo aggiornamento di status. Va da sé, in questo tourbillon di elucubrazioni mentali e sussunzioni che avrebbero messo in imbarazzo persino i partecipanti alla più dotta delle dispute medievali tra realisti e nominalisti in una a caso tra le migliori università europee, il grado di autorevolezza attribuito alle diverse correnti filosofiche offerte dal panorama nazionale viene misurato in base al numero di followers ghermiti e di likes acchiappati. Democrazia e meritocrazia prima di tutto! Chi più strilla, più sbraita e più si dimena, più sarà favorito dal pubblico votante.

Innegabile risulta dunque lo smisurato pullulare di questa nuova “figura professionale”, ed in tutta onestà credo che tale proliferazione debba immediatamente essere legata al progressivo imbarbarimento etico, valoriale, spirituale ma anche prettamente culturale della nostra società, di noi italiani, un tempo non troppo lontano popolo di “poeti, artisti, eroi, santi, pensatori e scienziati”. Con la morte nel cuore sono infatti costretto a prendere atto di quanto il nostro sia un paese nel quale quella maledetta piaga conosciuta come “analfabetismo funzionale” abbia raggiunto dei livelli preoccupanti, mietendo quasi più vittime della peste nera nel XIV secolo. Secondo l’Istat, “I lettori forti, cioè le persone che leggono in media almeno un libro al mese, sono il 13,7% dei lettori (14,3% nel 2014) mentre quasi un lettore su due (45,5%) si conferma lettore debole, avendo letto non più di tre libri in un anno”[1]. E’ del tutto evidente la disaffezione generalizzata nei confronti dell’acculturazione, dello studio, dell’approfondimento, della sana curiosità di conoscere il mondo che come una valanga sta investendo maciullandola la nuova generazione, di cui farei parte anche io, devastandone la personalità ed abbrutendone i connotati. Ecco, nella voragine solcata da tanta pochezza si vanno ad innestare come degli arbusti rigogliosi alcuni personaggi di dubbia caratura etica ed intellettuale, che in uno stato di cose differente da quello descritto sono sicuro non avrebbero tanto seguito. Chi presterebbe ascolto alle filippiche adolescenziali di Selvaggia Lucarelli, alle invettive politically correct di Fiorella Mannoia o alle ramanzine arcobalenate di Roberto Saviano, se tutti fossimo ancora capaci di leggere gli eventi senza dover essere indirizzati, di analizzare il corso degli accadimenti elaborandoli tramite la nostra capacità critica, ignorando il timore di apparire poco “in”, non alla moda, quando non propriamente reazionari? Forse, ricominciando a ragionare autonomamente, saremmo in grado di scoprire che le beghe inerenti la vita privata di questo o quel vip non siano poi così importanti per l’armonioso scorrere delle nostre giornate. Ci renderemmo conto di quanto le dinamiche sociali e geopolitiche scaturite dalle criticità che stanno affliggendo lo scenario internazionale non possano essere ridotte ad un’analisi troppo superficialmente buonista della cantautrice liberal-democratica più in voga nel dato momento. O che, peggio ancora, esporre pubblicamente la propria posizione in merito al dibattito inerente la legge sulle unioni civili a colpi di rivendicazioni ideologiche è quanto di più intellettualmente disonesto si possa fare. Di contro, ahinoi, stante le desolanti lacune collettive rimarcate e la contemporanea necessità da parte dei più di conformarsi ad un punto di vista forte, accettato, i paladini del pensiero unico hanno piena facoltà di rimanere dove sono. Sempre lì, inamovibili, imperterriti, intenti a muovere le ruote del carrozzone mediatico e di opinione il quale convoglierà poi le prospettive universalmente riconosciute nel calderone della grande ipocrisia istituzionalizzata. Da Fabio Fazio a Laura Pausini, da Massimo Gramellini a Barbara d’Urso, da Beppe Severgini a J-Ax, da Fedez a Belen Rodriguez, da Alessandro Gassman a Luciana Littizzetto, la lista potrebbe essere davvero interminabile.

Guai però a considerare costoro come principali artefici dello sfacelo che sto cercando di denunciare. No, povere stelle, non hanno tutta questa colpa, né tantomeno tutta quest’arguzia, tutto questo acume, sono solo degli opportunisti arditamente convinti di dover battere il ferro fintantoché continuerà a conservarsi caldo, dei perfetti utili idioti. E come biasimarli? Personalmente preferirei farmi amputare un braccio piuttosto che negare le mie credenze, i miei principi, o venire meno alla dignità che devo a me stesso. Ma io sono un uomo d’altri tempi, sono stato istruito e forgiato attraverso una mentalità che in elementi quali coerenza, amor proprio, fedeltà e rettitudine riconosce dei valori da rispettare, non negoziabili, e da parte mia ho creduto fermamente a tale insegnamento, ritenendolo vero, imprescindibile. Per quanto riguarda gli SNOM ed i loro seguaci invece, pare evidente che si viaggi su una lunghezza d’onda diametralmente opposta. Al di là di ciò, rimane comunque palese quanto siano ben altre le stanze nelle quali si strutturino le architetture da sostenere, non certo quelle degli uffici stampa di qualche vip nostrano pronto a sventolare sé stesso come una bandiera animata dal vento soffiato a seconda dei dettami di turno. Ma i social media sono oggi una delle più potenti macchine di propaganda che esistano, il mezzo più facile con il quale veicolare i messaggi che devono essere recepiti, e legare i propri interessi alla grande popolarità di qualche protagonista del jet set può rivelarsi una carta assai succulenta per i signori delle stanza di cui sopra.. Ed a questo punto il gioco è fatto.

Sta quindi a noi evitare le menzogna sistematica, fare appello a tutta la nostra abilità per rimanere lucidi e tenere sempre le sinapsi attive, dobbiamo documentarci, documentarci, documentarci ed ancora documentarci. Come mi piace ripetere, viviamo in un periodo storico nel quale, pur volendo, è davvero difficile non riuscire a reperire mezzi e strumenti che siano lontani da qualsiasi logica d’interesse per operare una ricostruzione genuina di quello che di volta in volta si presenta come l’oggetto da valutare, la circostanza sulla quale interrogarsi.

Indi per cui, se mai dovessimo lasciarci affabulare dai belati di qualche SNOM isterico, questo sarà da attribuire esclusivamente alla nostra responsabilità.

GRV

 

[1] http://www.istat.it/it/archivio/178337

Militanza (Radio)Radicale

Sì, ho partecipato al Family day del 30 gennaio, ho urlato al vento innumerevoli volte No Cirinnà!” con quanto più fiato avessi nei polmoni, ho acclamato dalla prima fila i personaggi noti e meno noti che compongono quella interessante formazione conosciuta come Comitato “Difendiamo i nostri figli”, mi sono spellato le mani applaudendo al termine di ognuno degli interventi susseguitisi durante la kermesse – particolare menzione a mio avviso merita il buon vecchio Gandolf, fomento puro, ho avuto la pelle d’oca -, ed ho passato un pomeriggio davvero piacevole. Piacevole, per quanto sia conscio del fatto che la posta in gioco, la ragione per la quale ci siamo trovati lì in così tanti non sia affatto inquadrabile in un contesto fiabesco degno del miglior Disney d’annata, tutt’altro. Ne abbiamo avuto immediata dimostrazione la sera stessa, e per tutti i giorni successivi sino ad oggi. È stata tutta una mistificazione, una delegittimazione, una derisione ed un tentativo di dipingere l’evento svoltosi ed al quale hanno preso parte centinaia e centinaia di migliaia di persone come qualcosa di inaccettabile, obbrobrioso quasi, talmente fuori dal tempo da non poter meritare altro che strali, maledizioni e proteste indignate. Per non parlare poi dei suoi partecipanti, i soliti retrogradi ed inguaribili cattonazisti, i quali come unico scopo nella vita hanno quello di ostacolare il progresso galoppante che, imperversando furiosamente in ogni angolo del globo terracqueo, ha per grazia divina deciso di palesarsi anche dalle parti del malandato e retrivo Stivale.

In questa settimana l’intrattenimento nazionalpopolare non ha fatto altro che produrre delle mielose rappresentazioni del mondo gay – ed ha vergognosamente appoggiato le sue rivendicazioni in sede istituzionale, cercando di convincere in maniera subdola gli spettatori a fare altrettanto – come se le convivenze omosessuali con la possibile aggiunta di figli raccattati chissà attraverso quali percorsi siano il solo modello di vita legittimato a stare al passo con la contemporaneità. E noi poveracci, convinti del fatto che l’unica cellula realmente portatrice di salubrità, igiene e purezza per la comunità intera sia la famiglia composta da uomo e donna uniti in Matrimonio più eventuale prole, via, dobbiamo essere scaraventati in uno scantinato da chiudere poi a doppia, tripla mandata, così che di una visione del mondo tanto arcaica non si conservi neppure il ricordo. Diversi dibattiti pubblici sono stati improvvisati alla bell’e meglio per erudirci in merito al fatto che no, se una creatura dovesse crescere con due uomini o due donne omosessuali anziché un uomo ed una donna eterosessuali, ciò non avrebbe implicazione alcuna in merito alla sua strutturazione caratteriale, alla conformazione della sua personalità. E noi, sempre noi, convinti invece del fatto che negare ad un bambino la possibilità di sperimentare durante la propria crescita un confronto sereno ma veritiero tanto con la figura maschile quanto con quella femminile potrebbe generare in lui della confusione, quando non delle vere e proprie disarmonie, siamo solo dei brutti, sporchi, cattivi e puzzolenti cavernicoli. Il culmine credo sia stato raggiunto con la famosa e famigerata intervista doppia de Le Iene” al Senatore Lo Giudice ed al marito, a seguito della quale mi sono domandato come possa sedere su uno scranno senatoriale un individuo tanto ignorante. I due, oltre ad aver proferito delle asserzioni di una gravità inaudita, in sei minuti di chiacchierata incalzati da Sabrina Nobile hanno letteralmente sconquassato, con le loro parole, l’impianto antropologico che è alla base di tutte le formazioni sociali dalla comparsa dell’uomo sulla terra ad oggi. Ciò è stato possibile senza tanti problemi per via del movimento in atto nel nostro Paese (limitiamoci all’Italia, un’analisi più ampia meriterebbe ben altro approfondimento) volto a presentare le famiglie omogenitoriali – dopo avere battuto sulla tastiera questa parola Microsoft Word tramite l’attivazione del correttore automatico ha voluto farmi presente che ignora cosa significhi – come una semplice variante, magari un po’ più variopinta, di quella cosiddetta tradizionale. Cosiddetta perché per quanto mi riguarda il concetto di “famiglia tradizionale” non ha alcun senso, non ritengo possibile attribuire una connotazione particolare, qualunque essa sia, all’istituto familiare, perché ciò starebbe a significare che potenzialmente potrebbero esservene in quantità illimitata. Follia pura, se tutto è famiglia, nulla lo è più. Tant’è, così, via discorrendo, i paladini del politicamente corretto hanno operato questa catechesi senza soluzione di continuità, arrivando in ultimo ad attaccare direttamente i promotori del Family Day. Abbiamo assistito al cinque contro uno nel quale la Miriano ha ruggito come una leonessa per difendere la giusta causa, nonostante quei saltimbanchi di Parenzo e Labate insieme ai loro ospiti non facessero altro che metterla all’angolo senza darle neanche la possibilità di riprendere fiato (dei veri uomini, non c’è che dire). Quasi contemporaneamente la Littizzetto, con il garbo e la grazia che da tempo immemore la contraddistinguono, non ha trovato nulla di più efficace da fare se non mettere alla berlina Mario Adinolfi per via della sua mole (quasi non avessero più validità gli insopportabili pipponi riguardanti il bullismo che gli stessi radical chic da due soldi continuamente ci infliggono dai medesimi canali). Infine il nuovo giustiziere della notte, Andrea Scanzi, dall’alto della sua inarrivabile sapienza ha invece espresso dei dubbi sulla caratura intellettuale di Massimo Gandolfini, etichettando come “medievale” un neurochirurgo che da quarant’anni svolge la professione medica con dei risultati a dir poco eccellenti.

Ciò detto, ho voluto scrivere questo articolo per raccontare una particolare esperienza che ho vissuto sabato scorso al Circo Massimo, proprio durante il Family Day, perché nel suo piccolo la trovo sintomatica di quanto inconfutabile sia che il mondo massmediatico abbia azionato la propria capacità di orientamento dei consensi nella direzione del #LoveIsLove, e di quanto debba quindi demonizzare, o più semplicemente omettere, tutte le voci di dissenso, compresa ovviamente la mia. Come già successo il 20 giungo 2015, con Valentina siamo arrivati all’adunata con tutta calma, siamo romani noi, non veniamo dalla provincia, indi per cui in questi casi possiamo fortunatamente permetterci tutta la flemma di cui siamo capaci senza stare tanto a fare i conti con l’orologio. Com’è come non è, arriviamo sul posto intorno alle 12.00, e già al primo colpo d’occhio su ciò che resta di una delle più grandi strutture per spettacoli costruite nella storia dell’umanità ci rendiamo conto del fatto che la risposta alla chiamata alle armi è stata davvero massiccia, siamo di fronte ad una folla per descrivere la quale anche l’oggettivo oceanica” non credo sarebbe sufficiente. Nonostante questo iniziamo a scendere nella mischia, e a suon di spintoni, spallate, scuse e sorrisi riusciamo a raggiungere il sottopalco, tra noi e la scena si frappongono solo il cordone dei ragazzi del servizio d’ordine in fratino giallo limone e dietro di loro uno spazio esclusivo dedicato a personalità, politici, imbucati e giornalisti, tanti tanti giornalisti. Riconosco Formigoni, Lupi, Brunetta, Gasparri, Giovanardi ed altri, ma anche Luca Bertazzoni, Diego Bianchi ed Enrico Lucci. Insomma, la crème de la crème, è proprio il caso di dirlo. A destare maggiormente la mia attenzione è però un giovane inviato di Radio Radicale TV, tale Alexandre Rossi, il quale si aggira tra i presenti con fare guardingo insieme al suo cameraman, in cerca di contributi da assemblare per la propria emittente. Dopo avere raccolto e contemporaneamente filmato diverse dichiarazioni da parte di alcuni dei politicanti poc’anzi citati, lo vedo iniziare a scorgersi tra di noi, ad infilare il naso nella muraglia di persone alle sue spalle. Ad un certo punto incrocia il mio sguardo, ed è un attimo. “Per Radio Radicale, posso farti alcune domande?” “Certo, ci mancherebbe”. Per farla breve, senza che mi stia a dilungare troppo riportando per filo e per segno ogni parola tra noi intercorsa, basti sapere che l’esito della nostra conversazione mi ha visto lasciarlo in mutande, povera stella. Forse sono stato eccessivamente aggressivo, sul pezzo, ma dopo un paio di minuti ho iniziato io a fare domande a lui ed egli a temporeggiare. Riporto solo alcuni frammenti della nostra dissertazione per cercare di rendere un minimo l’idea delle tematiche affrontate. Ad un certo punto, dopo le prime battute, gli ho chiesto quali fossero i diritti negati oggi agli omosessuali, se davvero ci sia tutta questa necessità di istituire le unioni civili così come previste dal Cirinnà e cioè, utilizzando le parole dell’onorovele Scalfarotto, niente altro che “Matrimoni con altro nome per ragioni di realpolitik”, e gli ho spiegato che pretendere di equiparare a rigor di legislazione una coppia dello stesso sesso ad una famiglia è una delirante farneticazione oltre che un paradosso giuridico, e come tale semplice assunto sia incontrovertibilmente evincibile dalla nostra Costituzione. A questo punto il signorino è arrivato a giocarsi una delle carte che ultimamente vanno per la maggiore, la famosa pappardella secondo la quale “Nell’articolo 29 non è specificato che il Matrimonio cui la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale debba essere formato da uomo e donna”. E’ stato troppo, non ci ho visto davvero più ed ho affondato il colpo, me lo sono mangiato. Ad ogni modo, dopo questo poco edificante epilogo il nostro ha preso baracca e burattini e se n’è andato via in tutta fretta, io da parte mia prima che si divincolasse ho fatto appello alla sua onestà intellettuale chiedendogli di mandare in onda i pochi minuti del mio intervento. Invano, la richiesta come immaginavo è caduta nel vuoto, pochi giorni dopo ho infatti scoperto con rammarico che nella sezione del sito di Radio Radicale nella quale sono state pubblicate le interviste registrate, queste sono tutte visibili, eccetto la mia. Persino quella ad Andrea Maccarone, Presidente del “Circolo Mario Mieli”, ma la mia no.

Ora, è evidente che io non possa pretendere per nessun motivo particolare che lo scambio avuto con me debba essere divulgato, comprendo che vi siano delle logiche redazionali ed editoriali all’interno delle quali si districhino anche fattori contingenti dei quali tenere conto, come il minutaggio del girato, la popolarità dell’intervistato, il taglio delle dichiarazioni ed altro. Ma, a fronte di ciò, è parimenti evidente che tutte, e ripeto tutte le campane d’informazione (o disinformazione?) di una qualche rilevanza che si sono dedicate a trattate l’argomento l’abbiano fatto sforzandosi di rappresentare una ricostruzione quantomai lontana dalla realtà di ciò che è realmente accaduto. Non possiamo credere che sia solamente una casualità il fatto che da LA7 a Rai 1, da Repubblica” a l’Huffington Post” e chi più ne ha più ne metta, tutti i servizi od articoli nei quali sono stati inseriti stralci di interventi da parte dei partecipanti al Family Day hanno rappresentato esclusivamente individui a dir poco confusi, quando non veri e propri ebeti che davano l’impressione di non ricordare neanche il proprio nome. No, non può essere possibile, è molto più probabile che vi sia dietro un’astuta regia.

Questa è una lotta impari, e chi decide di combatterla tanto più si esporrà quanto più dovrà pagare a titolo personale. Ma noi, noi che seguiamo qualcuno che pur di non rinnegare le proprie idee ed i propri convincimenti accettò di essere perseguitato, rifiutando di scendere a compromessi anche di fronte alla condanna a morte, noi non indietreggeremo neanche di un centimetro, finché avremo vita staremo qui a testimoniare la Verità, con i nostri limiti e con le nostre imperfezioni.

GRV