Christian Raimo, Indro Montanelli e Mario Mieli. Rettitudine a targhe alterne

Christian Raimo è Assessore alla Cultura presso il III Municipio di Roma capitale, è un insegnante di materie umanistiche alle scuole superioristoria e filosofia – ed un autore con diverse pubblicazioni alle spalle. Insomma, un intellettuale con una certa posizione. Negli ultimi anni ha inoltre collezionato un buon numero di presenze televisive presso alcuni dei più seguiti talk show di approfondimento politico, incasellandosi quasi naturalmente nella nutritissima formazione degli opinionisti organici, diciamo così, dei liberalprogressisti. Quelli “de sinistra”, per intenderci. A margine troverei poi meritevole di menzione la contingenza che lo vede prestare servizio presso una scuola cattolica paritaria, poiché questo stato di cose potrebbe essere di spunto per domandarsi quale criterio utilizzino i dirigenti degli istituti ad ispirazione cristiana, privati o meno che siano, per la scelta del proprio corpo docente.  Ma divagheremmo oltremodo.

In una di queste ultime ospitate [1], un paio di settimane fa, collegato con la trasmissione “Quarta Repubblica” su Rete 4, il pasionario de noantri si è trovato a discutere animatamente circa l’opportunità di coinvolgere il ceto intellettualoide italiota nelle rivendicazioni facenti capo al violento e trasversale movimento conosciuto con il nome “Black Lives Matter”, le quali partendo dagli Stati Uniti hanno adesso raggiunto, idealmente e non solo, buona parte del blocco occidentale. Ora, non è mia intenzione in questa sede analizzare quanto stia accadendo in giro per il mondo, statue abbattute, riferimenti culturali messi in discussione, simboli universalmente condivisi ridotti in poltiglia; ognuno maturi in merito il punto di vista che più preferisce. Ciò che invece avrei piacere di prendere in considerazione è la collaterale querelle legata alla questione Montanelli che sta tenendo banco in ogni dove. Infatti, i più elevati circoli mediaticogiornalistici di casa nostra che per sopravvivere debbono scimmiottare in tutto e per tutto le peggiori tendenze provenienti da oltreoceano hanno immediatamente individuato nella figura del fucecchiano defunto lo spauracchio da prendere a sassate per lavare la propria coscienza da un non meglio identificato senso di colpa che sembrerebbe attanagliarne i principali esponenti.

Il fu giornalista toscano è stato messo sul banco degli imputati perché, com’è più che risaputo, durante la guerra in Etiopia cui partecipò come volontario (19351936), attraverso l’istituto del madamato contrasse matrimonio con una ragazzina del posto, ragazzina che alcune fonti riportano avesse dodici anni, mentre altre quattordici. Non è un particolare da poco, perché se l’accusa che viene mossa al fondatore de “Il Giornale” dovrebbe essere, come in molti sostengono, quella di pederastia, allora sarebbe bene, tanto per dirne una, tenere conto del fatto che la legge italiana ancora oggi identifichi proprio con il compimento del quattordicesimo anno l’ingresso nelletà del consenso, quella cioè a partire dalla quale si dà per assodato che una persona sia in grado di agire consapevolmente riguardo a questioni disciplinate dalla legge, con evidente riferimento a quel che concerne i rapporti sessuali. Tra l’altro, detto fra le righe, l’Italia detiene da questo punto di vista uno dei limiti più bassi in assoluto, a dispetto del logorante ed insopportabile luogo comune che ci dipinge come un paese martoriato e tarpato dall’influenza cattolica. Sì.

Personalmente non sono tra quanti pensino che Montanelli sia scagionabile da simile taccia adducendo l’alibi relativo alle usanze tradizionali, né tantomeno quello che riguarda la tematica dell’“erano altri tempi”. La morale comunitaria di uno specifico contesto sociale cambia con l’avvicendarsi delle epoche storiche, delle influenze filosoficoetiche, dei passaggi generazionali. Vero, verissimo, innegabile; non per questo però si deve perdere di vista il discrimine tra bene e male. La legge naturale prescinde e trascende qualsiasi manifestazione del diritto positivo, se l’occorrenza che veda un adulto accompagnarsi sessualmente con un bambino è sbagliata, essa deve essere ritenuta inaccettabile oggi, nel 2020, così come nel 1935 o nel 1936, nel XV secolo o nel XV secolo AC. Mi sovviene alla mente in tal proposito un meraviglioso aforisma dell’Arcivescovo statunitense Fulton John Sheen, morto alla fine degli anni ’70 del ’900: “Moral principles do not depend on a majority vote. Wrong is wrong, even if everybody is wrong. Right is right, even if nobody is right”. I principi morali non possono dipendere da una estimazione soggettiva, dall’intersecazione di assiomi congiunturali, mutevoli, non imperituri. Se una determinata attitudine è oggettivamente biasimabile, lo è anche se tutti gli individui all’interno di un determinato raggruppamento pensino che non lo sia; così come se un’altra è invece obbiettivamente lodevole, encomiabile, salubre, deve potersi attestare come tale anche qualora nessuno si mostri convinto della sua bontà. Nel caso in cui Montanelli abbia avuto una relazione sessuale con una bambina, connubio o meno, ebbene compì un’azione estremamente grave, oscena, riprovevole, funesta, perniciosa, deleteria, irreparabile, più che ricusabile, lesiva della dignità e dell’innocenza di quell’infante, a prescindere dalla lettura che dell’atto daranno i codici di comportamento vigenti, siano quelli di cento anni or sono o quelli di oggi. Stante ciò, per inciso, la fattispecie della pedofilia e la plausibilità della sua chiamata in causa non potranno che passare in secondo piano, è materia per i giuristi, si tratta di una disputa che assume connotati diversi da ordinamento giuridico ad ordinamento giuridico, poiché ognuno di questi risulterà modellato su articolazioni non affini a quelle che caratterizzeranno gli altri. Il vero snodo della contesa consiste nel domandarsi quanta disparità di valutazione possa scaturire da una differenza di pochi mesi. Dodici anni, tredici anni e mezzo, quattordici.. Siamo sempre nell’ambito di una inaccettabile prevaricazione da parte dell’adulto, prevaricazione che legislatori e magistrati hanno l’obbligo di sanzionare severamente, il più severamente possibile, anche dimenticandosi delle garanzie e delle tutele troppo superficialmente riconosciute ai Caino di turno.

Ora, appurato questo, vengo all’aspetto che mi interessa maggiormente. Il Raimo, in preda ad una sorta di raptus giustizialista retroattivo, durante il dibattito moderato da Nicola Porro ha avuto modo di vomitare tutto il suo veleno nei confronti di Montanelli, definendolo senza remore “stupratore”, “pedofilo”, ”assassino” e non so cos’altro. Dunque, inveendo tanto assennatamente contro la pedofilia disposizione più che meritoria, s’intende -, non ha lasciato dubbi circa il suo disprezzo verso questa diabolica perversione, una delle devianze maggiormente deplorevoli, e non potremmo che convenire con lui.  A rigor di logica, quindi, come onestà intellettuale esige dovrebbe parimenti condannare e portare alla pubblica gogna tutti quei nauseabondi personaggi che pesati con la medesima bilancia sarebbe un eufemismo etichettare come degli abbietti, degli ignobili, degli indecenti, i quali invece sono a furor di popolo assurti al rango di riferimento esistenziale della compagine politicoideologica cui Raimo appartiene. Il primo di questa lista, evidentemente, non potrà che essere quel maledetto teorizzatore del libero amore tra e persone mature ed indifesi bimbetti che rispondeva al nome di Mario Mieli, cui le galassie omosessualiste tanto care al Professore hanno intitolato la principale agenzia tricolore di propaganda finocchiesca, il celeberrimo “Circolo Culturale Mario Mieli”. Costui, convinto del fatto che i pargoli anche della più tenera età dovessero esercitare la propria sessualità e liberarsi dai pregiudizi sociali, nel suo tristemente conosciuto “Elementi di critica omosessuale” del 1977 arrivò senza tanti fronzoli ad asserire che: «Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastranega, calando sul suo erotismo la griglia edipica. La società repressiva eterosessuale costringe il bambino al periodo di latenza; ma il periodo di latenza non è che l’introduzione mortifera all’ergastolo di una “vitalatente. La pederastia, invece, “è una freccia di libidine scagliata verso il feto”» [2]. Edificante, vero? Queste sono le divinità che compaiono nel Pantheon radical chic all’amatriciana, basta entrare a farvi parte per vedersi attribuite delle vesti candide ed immacolate anche se nel proprio cursus honorum compaiano le peggiori nefandezze; rimanerne interdetti, al contrario, equivale ad andare incontro alla dannazione eterna, soprattutto se le gesta compiute e le posizioni rivendicate dovessero rivelarsi invise ai “Padroni del discorso”. Ovviamente, l’accesso o meno in questa sorta di nuovo “Giardino dei Giusti” è rigidamente disciplinato secondo i canoni della nouvelle théologie radicallaicista fallolatrica.

La differenza di equilibrio che viene sistematicamente adottata per misurare l’operato in vita ed il lascito ai posteri di queste due come di tante altre personalità è specchio della malafede, dell’infima ipocrisia e della surrettizia mistificazione perpetrata dai custodi del pensiero contro la nostra coscienza pubblica.

Chissà se il buon Raimo avrà mai modo di infliggere alla figura di Mario Mieli la medesima damnatio memoriae comminata ad Indro Montanelli. Qualcosa mi dice di no. Sia mai che gli amichetti dell’altra sponda decidano di fargli passare un brutto quarto d’ora e, che so, il nostro dovesse incontrare delle difficoltà nella pubblicazione della prossima fatica letteraria.

GRV

 

[1] https://www.youtube.com/watch?v=f1iKJUJ5sHA

[2] “Elementi di critica omosessuale”, Torino 1977.